La scuola da una rivoluzione informatica all’altra
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Negli anni ‘80 il mondo conobbe la diffusione di massa del personal computer. Anche la scuola fu investita da questo fenomeno, e vi fu chi parlò apertamente di rivoluzione, che avrebbe investito la didattica e diversi paradigmi cognitivi. In effetti, l’arrivo del pc produsse conseguenze, alcune delle quali stanno tuttora realizzandosi, ma non nel senso allora ritenuto più probabile. Negli anni ‘80, si pensava che avrebbero avuto un grande impatto in contesto educativo i linguaggi di programmazione, sia a livello tecnico, sia, soprattutto, a livello cognitivo. Papert, ad esempio, sosteneva che la diffusione del Logo avrebbe rivoluzionato il pensiero dei bambini e le modalità di apprendimento della matematica. Le cose in Italia andarono diversamente: la richiesta di programmatori si esaurì nel volgere di qualche anno, e poi sparì quasi del tutto, con l’estinguersi dell’industria nazionale del software, mentre l’insegnamento della matematica restò in gran parte avulso dall’uso del computer. Nella scuola secondaria, i piani nazionali produssero sì una formazione di massa dei docenti, ma ebbero un più limitato impatto sulla didattica. Nella scuola elementare, l’uso del computer fece un ingresso sporadico nella didattica, sia per mancanza di risorse tecnologiche e organizzative, sia per una scarsa motivazione del corpo docente. Si pensava che la scuola avrebbe potuto essere un potente motore per favorire la diffusione delle nuove tecnologie nei giovani e, attraverso di essi, nell’intera società. E’ avvenuto l’opposto: le tecnologie si sono diffuse nei luoghi di lavoro, quindi nelle famiglie e, solo alla fine, nelle scuole. Oggi la formazione informatica effettivamente praticata a livello di massa negli ultimi anni è quella legata alla “patente del computer”. Il bisogno sociale affermatosi è quello di avere milioni di persone addestrate ad usare il computer nelle sue funzionalità minimali e negli strumenti di automazione del lavoro di ufficio. La scuola si è adeguata, abbandonando velleità cognitive ed educative alte e ripiegando su obiettivi minori. Nel migliore dei casi, si tenta di educare i ragazzi, sulla base di finalità decise da altri, nel peggiore, ci si limita ad esaminarli senza neppure potere intervenire sul processo di apprendimento, esclusivamente per certificare il raggiungimento degli obiettivi stabiliti altrove. Un secondo fenomeno per cui venne scomodata la parola rivoluzione fu, negli anni ‘90, la diffusione di Internet. Anche in quel caso, vi fu chi parlò apertamente di un enorme impatto che la rete avrebbe avuto sull’educazione: disponibilità illimitata di informazioni, accesso a una sorta di immensa biblioteca mondiale, possibilità di comunicare istantaneamente. Il Web era uno spazio che si apriva ai naviganti, novelli esploratori di nuovi mondi virtuali. Nella scuola superiore e nelle università, vi fu una forte richiesta di corsi all’uso della rete, e molti giovani intrapresero con entusiasmo la carriera di webmaster. In effetti, anche con la rete la scuola ha agito sostanzialmente di retroguardia: le tecnologie di comunicazione digitale (includendo, oltre che internet, anche la telefonia mobile, ormai già molto integrate) si sono largamente diffuse nella società, soprattutto fra i giovani, a prescindere da qualsiasi azione educativa, e infatti la quasi totalità degli studenti apprende l’uso di questi strumenti di comunicazione prevalentemente dal tam tam degli amici, o direttamente dall’uso dello strumento. La terza grande rivoluzione tecnologica è quella in atto da qualche anno nel settore della multimedialità digitale e che investe strumenti quali tv, dvd, home theatre, cd-audio, mp3, fotografia, videocamere, satelliti, radio, telefonia…. Il fenomeno riguarda sia la diffusione di nuove tecnologie a livello di massa, sia la trasformazione di tecnologie precedenti, ormai obsolete, in nuove: si pensi ad esempio al superamento del sistema VHS e al passaggio al DVD, che porta a un uso radicalmente differente del video digitale, e a una crescente integrazione fra tv e computer. Eppure le potenzialità di queste tecnologie sono evidenti, in particolare in campo educativo. Se, dopo 20 anni di automazione del lavoro di ufficio, possiamo ritenere che ormai la quasi totalità dei docenti fa uso del word processor per la scrittura dei propri programmi e di semplici materiali didattici da somministrare agli studenti, è certo che già oggi chiunque sia dotato di un computer e di qualche economica risorsa tecnologica può agevolmente produrre semplici materiali multimediali, audio e video. Certamente fra costoro rientrerà nel volgere di pochi anni una discreta percentuale di docenti, e non è certo utopico ritenere che in molte scuole vi sarà una crescente attività di produzione audio/video: dalla fotografia digitale, ai filmati di eventi legati alla vita scolastica, dll’assemblaggio/smontaggio/riela-borazione di materiali provenienti dal mondo del cinema e della televisione, con finalità didattiche. |