Studenti che scoprono strategie: il mixer dei comportamenti strategici
Premessa
Il mondo del lavoro tende sempre di più ad abbandonare contesti tayloristici, dove si esige di saper eseguire operazioni prescritte, per sviluppare contesti richiedenti iniziativa personale (Le Boterf, 2006). La scuola continua a fornire, in genere, una formazione più vicina alla “prescrizione stretta”, dove contano i contenuti e le abilità definite, stentando a riservare attenzione e spazio alla “prescrizione aperta”, dove importano i processi cognitivi ed affettivi connessi alla ricerca di strategie, cioè “sapersela cavare”. La sua struttura organizzativa e programmatica è concepita per un’istruzione funzionale alla prima, mentre c’è poco o punto margine per la seconda. Risulta quindi difficile, in pratica, riuscire ad inserirvi compiti più funzionali ai bisogni emergenti.
La “prescrizione aperta” si sviluppa spontaneamente in tutti i contesti sociali, ma potrebbe essere supportata da un’azione scolastica volta a condurre gradualmente l’adolescente in processi di scelta e di ridefinizione dei propri modelli mentali e schemi interpretativi. Si tratta di assecondare un mutamento culturale per alcuni aspetti già in atto, che non veda più la conoscenza disciplinare solo come l’unico obiettivo, ma anche come strumento per lo sviluppo di capacità trasversali, cognitive e metacognitive. Vedere le discipline come “amplificatori culturali” (Bruner, 1997), cioè come strumenti di conoscenza che amplificano le capacità di conoscere e di agire, sposta l’attenzione dal prodotto al processo, dall’acquisizione delle nozioni disciplinari al modo in cui tale acquisizione viene organizzata. Lo studente viene allora messo nell’ottica di approfittare delle occasioni offerte dalla sua esperienza scolastica e extrascolastica per sviluppare le proprie “competenze strategiche”. Ciò significa riuscire a prendere distanza dalla pratica, esplicitare come ci si organizza per far evolvere i propri schemi operativi, saperli adattare a nuove situazioni e metterli alla prova, cioè imparare dalla propria esperienza. Così si impara ad apprendere, a scoprire la propria identità personale e a orientarsi nella costruzione di un progetto di sé (Vincenzi, 2006). In questo contesto si possono collocare esperienze come la ricerca di strategie che viene proposta dalle indagini/intervento con i questionari pedagogici (Vincenzi, 2005), strumenti che consentono di rilevare la propria posizione nel percorso di sviluppo delle “competenze strategiche”. Di questo tipo è il dispositivo digitale detto “mixer dei comportamenti strategici”, progettato per facilitare la scoperta di capacità e possibilità rilevando modi di fare per cavarsela, non solo in relazione all’esperienza scolastica, ma anche alla ricerca della propria identità e di una propria aspirazione. Strumento, procedura e finalità - L’annuncio-civetta per gli studenti (Annuncio) Un questionario pedagogico non ha tanto funzione diagnostica, quanto quella di fare riflettere allo scopo di scoprire strategie, come si può evincere dallo schema seguente. |
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Per favorire le operazioni di adesione, confronto e scambio cui corrispondono le rispettiva tappe del percorso di riflessione (percezione di stimoli per riflettere, relativizzare e problematizzare e consapevolezza di poter agire), il questionario è strutturato in tre fogli, come si può vedere, per es. in Comunicare tra i materiali di MIXER (LTE, 2006)
- Modello, che mostra schematicamente le componenti del questionario corrispondenti agli aspetti del tema/problema considerati |
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L’utilizzo del “mixer” presenta così due momenti distinti: uno individuale, dedicato alla compilazione del questionario (base), che può svolgersi anche fuori dell’aula, ed uno collettivo e cooperativo (jigsaw), da svolgersi in aula, che consente di affinare e modellare i propri comportamenti strategici (profilo), com’è illustrato nello schema seguente.
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Benché l’uso dell’aula digitale preveda anche il jigsaw e lo scambio a distanza, questo momento è più efficace se svolto faccia a faccia, in una classe reale. Così per una volta la tecnologia non è impiegata allo scopo di collegare persone fisicamente lontane, ma per fare meglio interagire tra loro quelle fisicamente vicine.
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La proposta ha origine dalla sperimentazione in numerose classi del biennio del progetto “Riflettere sul lavoro scolastico” (www.provincia.torino.it/istruzione/cesedi/
riflettere), seguito a distanza da un esperto con l’obiettivo di favorire l’acquisizione del “ruolo studente” negli adolescenti e l’approccio al “lavoro coordinato” nei loro docenti. La metodologia si è meglio precisata in seguito, in un testo, con una forma di indagini/intervento attuabile da singoli insegnanti (Vincenzi, 2005). Si è infine aggiunta la versione di “aula digitale” autogestibile dagli allievi stessi (www.scform.unifi.it/lte), comprendente il “mixer”. Gli strumenti sono disponibili nel sito e l’intera procedura può essere eseguita dagli studenti (Vincenzi, 2006), anche se un insegnante di riferimento può risultare insostituibile per la riuscita dell’esperienza. |
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Sebbene l’indagine si possa svolgere anche fuori delle aule scolastiche, almeno nella sua fase finale l’intervento dovrebbe essere svolto in aula, purché vi fosse un insegnante che svolga la funzione di “referente di strategie” nei confronti degli allievi ma anche dei colleghi (1).
Utilizzare il “mixer dei comportamenti strategici” a scuola significherebbe rendere più significativa l’esperienza scolastica agli occhi degli studenti, favorendo la soddisfazione di fondamentali bisogni degli adolescenti, come esplorare e stare con gli altri, acquisire competenza e autonomia. Si avrebbero effetti positivi per lo sviluppo dell’autoconoscenza, la voglia di imparare ad apprendere e la creazione di un buon clima di classe (Philibert e Wiel, 1997). L’introduzione di obiettivi trasversali, tipicamente “di padronanza”, da intrecciare agli obiettivi disciplinari, tipicamente di “prestazione”, bilancerebbe la “prescrizione stretta” dei programmi scolastici con elementi di “prescrizione aperta” (le competenze strategiche) e contribuirebbe, inoltre, all’arricchimento delle competenze professionali dei docenti sul versante metodologico-didattico, da più parti auspicato (Fumarco, 2006). Si avrebbe così la possibilità di aggiungere al POF della scuola un servizio che potrebbe rivalutare il significato del lavoro scolastico. Un servizio tanto più opportuno ora, con l’estensione a 16 anni dell’obbligo scolastico e nella prospettiva di un biennio unitario. Note (1) Viene così a profilarsi la figura di insegnante “referente di strategie”, per la cui formazione basta un corso a distanza di due o tre mesi. Una simile iniziativa si è recentemente svolta presso l’IRRE-Lombardia (corso PER2), prima che la finanziaria decretasse la fine di tali istituti. Bibliografia Boscolo P. (2002), La motivazione ad apprendere tra ricerca psicologica e senso comune, “Scuola&Città”, pp. 81-92. |